L’errore che non è

Perdendo tempo nel web, sono incappata in foto scattate in un periodo bellissimo-bruttissimo di me che porto uno, due, dieci, quindici cappelli.

Questa scenografia qui, è costata centottanta euro; mi ero incaponita in un porta-abiti composto, ad albero, da solo ne costava centodieci. Poi l’ho sommerso da tutti quei copricapo comperati a poco prezzo. E al rientro a casa, non avendolo incastrato bene, è caduto a terra spezzandosi a cinquantacinque euro a pezzo.

Questa scenografia qui, è costata centottanta euro;

mi ero incaponita in un porta-abiti composto, ad albero,

che da solo ne costava centodieci,

e poi ho sommerso da tutti quei copricapo comperati a poco prezzo.

E che al rientro a casa, non avendolo incastrato bene,

è caduto a terra spezzandosi a cinquantacinque euro a pezzo.

L’angolo migliore era già lì, una delle colonne della Loggia dei Cavalieri, a Treviso, dove c’ho appoggiato scatole a mo’ di cappelliere, e i miei copricapo abbelliti da foulard in fantasia, blu, rossi, verdi rosa, gialli. Qualche libro. Un mazzo di fiori con dei girasoli, omaggio di una cara amica che indossava un cappello, e che me ne ha portato un altro di carta, da muratore, uguale a quello indossato dal mio papà per il suo lavoro da muratore.

Mi è arrivato un cappello anche da Gina. Si è presentata con un sombrero, in spiaggia ci avrei potuto sistemare sotto due sdraio, e ancora ci sarebbe stato spazio.

La cosa più assurda? Percepivo un timore inspiegabile per Gianluigi, e invece è uno molto gentile, e buono, anche se lui sembra non saperlo.

Poi di bello c’era Paolo, e ancora c’è. E quando mi prende la nostalgia, ci scambiamo quattro-parole-quattro in chat.

A Carta Carbone Festival, Poster, presentavo “Allora mi prenderò un cappello“.

Non ho che lasciato andare libere le sensazioni. Erano solo parole, allora, tante parole. Come adesso. A volte qualcuno poco le comprende, ma sono quanto di più utile e vero avessi, per farmi restare qui, presente a me stessa. E non solo per quelle cose estranee che mi crescevano dentro, ma una ricerca di me. Di quanto ero da ragazzina poi diventata adulta forse in un mondo in cui gli adulti non erano poi così.   

Forse di bello-bello è che questo è, e sarà, uno dei ricordi più cari, poiché racchiude tante di quelle emozioni che mi si erano aggrovigliate dentro.

Era come se in me avessi dei cespugli, e si imbrigliassero tra le fronde mezze spoglie.

Ma a rendere ancora più belle queste immagini è che sono un dono di Monica Conserotti, lei di cose belle ne fa tante, più belle di questa cosa qua, di immortalare il mio Cappello intendo, e ne cattura di attimi, sguardi, emozioni, poiché lei è bella, e non solo dentro.

Ma il bello è che, ma sì, ho deciso, oggi scrivere così tante volte “bello”, non è un errore, perché l’errore sarebbe non riconoscere quando le cose migliori, sono quelle che ti fanno vedere che c’è anche del bello, là fuori. E qui.

2 pensieri riguardo “L’errore che non è

  1. le emozioni, le noste emozioni, sono tutto quello che abbiamo, sono tutto quello che siamo… ciao

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    1. Cara Silvia, come dici tu, sono quanto compongono il nostro essere. Capire che non dobbiamo vergognarci di ascoltare e manifestare i nostri sentimenti, non è che affermare noi stessi.

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