Un cappello a Y-40

26 Gennaio 2017 | Presentazione a The Deep Yoj

Ci sono momenti che aspetti più di ogni altro. Ci sono momenti che non vedi l’ora di rivivere.

26 Gennaio 2017, Y-40 stiamo arrivando.

Seconda presentazione ufficiale di “Allora mi prenderò un cappello”. Uno dei miei appuntamenti speciali sarà a Y-40. Questo posto per me è magico, ho troppi ricordi che mi legano alla piscina più profonda al mondo. Uno su tutti: “La profondità del Benessere in Oncologia”, due giorni di laboratori e di condivisioni. Rammento ancora quell’Evento come fosse ieri. Pazienti, familiari, medici, personale ospedaliero, tutti uniti per un dialogo comune.

Capire che insieme ce la possiamo fare.

Riemergere da un percorso di malattia si può. Allontanarsi dallo stigma della malattia è possibile. Mettendo in primo piano la persona e non la malattia. Facendo gruppo. Condividendo le proprie emozioni, belle o brutte che siano. Far fluire tutti quei pensieri che riempiono la mente, trasformarli in energia positiva, si può.

Allora mi prenderò un cappello | Y-40 The Deep Joy

Ad ognuno il suo tempo. Il mio è arrivato qui, a Y-40, durante “La Profondità del Benessere”. Dopo un percorso di mesi e mesi, aiutata da una equipe di persone che hanno ben compreso che la medicina sì guarisce, ma la differenza sta sempre e comunque nelle relazioni umane. In quello che ognuno può donare di sé all’altro. Il mio tempo è arrivato quasi un anno fa.

Maggio 2016. Aspettavo questa data, ne avevo sentito parlare come un’esperienza bellissima. Ero impaziente. Curiosa. Scettica. Ma anche motivata dalla speranza.

Da li a poco sarei sprofondata in un altro percorso di malattia.

Da qualche mese avevo scoperto che il tumore mi aveva toccato di nuovo. Ed ero disperata. Avevo bisogno di aiuto, ancora. Avevo bisogno di respirare aria pura. Avevo bisogno di ossigeno.

Una bella bombola di ossigeno, un po’ di spavalderia, tanta emozione. La piscina più profonda al mondo era lì a portata di mano. Sarei stata sciocca a non approfittarne.

Non lo fui. L’istruttore si rivolse a mio marito.

«Vuoi fare un’immersione?»

«Parla con lei. È lei che si immerge» gli rispose.

“Voglio andare a fondo” gli feci eco. E ne fui fiera, all’istante. Da mesi e mesi non riuscivo a prendere una decisione. In quel momento ci stavo provando. Immergermi, fare una cosa per me stessa… e non solo. Ritornare all’elemento che mi terrorizzava ma che ho imparato ad amare in gioventù. Altro piacere che avevo dimenticato. L’acqua.

Y-40 The Deep Yoj | Facciamolo

«Iniziamo con degli esercizi in acqua sicura, poi vediamo». «Col cavolo» pensavo io, «oggi tu mi porterai giù». Ed è andata proprio così.

È stato bellissimo. Da mesi e mesi convivevo con dei pensieri che nulla avevano a che vedere col ben-essere. Ma per il tempo dell’immersione non c’è stato niente di brutto. Ho provato solo gioia pura.

Come uno di quei giochi di bambini, dove non esiste altro se non la certezza di essere felice. Ero di nuovo una persona felice. Ero di nuovo io. Ma felice.

E mi sono ritrovata ad applaudire in quell’enorme quantità d’acqua. In acqua ho preso un’altra decisione. Avevo toccato il fondo? Dovevo cercare di risalire. A mia disposizione avevo vari strumenti. L’aiuto, per me fondamentale, di uno psico-oncologo. L’acqua. La scrittura. Qualche tempo prima avevo preso parte a un laboratorio di Scrittura Creativa, percorso della Medicina Olistica, che ti aiuta a rimettere ordine, che ti fa riprendere contatto con la realtà. Tutte quelle parole che per mesi non riuscivo a dire le avevo messe sulla carta. Erano diventate dei racconti. Stavano diventando un libro.

Ci avrei provato, ancora. Come con l’acqua. Avrei cercato di riemergere dalla malattia con una delle mie passioni, anche questa, di quando ero ragazza. Scrivere.

I mesi a seguire sono stati pessimi. Oltre al pensiero per la patologia ho patito molto l’indifferenza delle persone. Ma essere spronata a scrivere è stata la mia “isola felice”. La scrittura mi ha aiutato ad allontanarmi dalla sensazione dell’abbandono. Ma mi ha anche aiutato a porre distanza tra me e la parola tumore. Dopo la stesura si doveva arrivare alla stampa. Un’attesa interminabile. Un’attesa che ti sfianca. Il tempo sembrava non passare mai. Sono state tutte azioni inconsuete, che esulano dal quotidiano di molti. Anche dal mio.

Ma è questo che voglio ricordare e non il percorso di malattia.

Presentazione a Y-40 | Benessere in profondità

La sofferenza non l’ho dimenticata, ma sopita. Preferisco ricordare le mie passioni. Quando mi è stato proposto di presentare “Allora mi prenderò un cappello” a Y-40, ho pensato… no, penso di non averlo fatto. Credo di aver detto “Facciamolo”. Come per l’acqua.

Quindi cara Y-40, il 26 Gennaio è arrivato. Sono tornata nel luogo in cui grazie a “La Profondità del Benessere in Oncologia” mi ha regalato tante emozioni.

Adesso sono venuta a presentare le mie di emozioni. Ma come posso trasmettere questi sentimenti. Come posso far vedere l’amore per le parole, per l’acqua? Come!

Dall’acqua!

La presentazione di “Allora mi prenderò un cappello” è iniziata, ma senza di me. Assieme al mio amato istruttore, l’Evento è iniziato immersa nell’acqua.

Ho preferito presentarmi così. Salutare le persone presenti in sala “Maiorca” dai finestroni della piscina. Volevo imprimessero nella loro memoria perché nel racconto “Benessere in Profondità” mi sono ritrovata ad applaudire nell’acqua.

E così è stato. Un applauso comune, loro fuori, io immersa nell’acqua.

Il messaggio è arrivato. È stato un Evento intimo, non c’era una folla. Ma dentro di me sto rafforzando un concetto. Condividere un percorso, essere di aiuto anche a una sola persona, questo è il fine.

Far capire che non siamo diversi. Siamo quello che riusciamo ad essere. Con le nostre fragilità. Ma comunque “siamo”. Prima di tutto, e comunque, noi “siamo”.

Allora mi prenderò un cappello | I miei perché

Mi è stato chiesto come si possa conciliare la ritrosità nel parlare della malattia, e il mettere in piazza la mia vita nei racconti del libro.

Ci sono più motivazioni. Una di queste è che ho rivisto me stessa. In passato, quando mi è capitato di incrociare qualcuno che si copriva la testa con un cappello, ho fatto finta di niente. Mi sono voltata dall’altra parte anch’io. Dopo averlo sofferto sulla mia pelle mi sono chiesta cosa avrei potuto fare. 

E ho preso una decisione. Con l’aiuto della Fondazione, del mio terapeuta e di quanti si stanno unendo grazie a questo progetto, il libro sarebbe diventato uno strumento di dialogo.

Condividere le emozioni legate alla malattia, per un ritorno alla vita. Vita che per i malati oncologici e per chi ne è coinvolto è spesso stravolta dalla malattia stessa.

Un’altra risposta viene da “Allora mi prenderò un cappello”.

Prendere parte a questo progetto mi ha dato modo di curare le mie ferite. È stato come essere due persone diverse.

Una scriveva e facendolo, si dimenticava dell’altra, quella che ha avuto un tumore.

Entrambe stanno bene.

La seconda perché ha lasciato su questi fogli brutti momenti del suo percorso di malattia.

La prima, perché non si scorderà mai di questa bella opportunità. Perché questo viaggio di scrittura ha impresso nuovi, inaspettati ricordi.

E forse mi permetterà di viaggiare, ancora.



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